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Market Access

Dall’approvazione di AIFA all’accesso in concreto per i pazienti: i nuovi farmaci alla prova del Market Access

By 25 Luglio 2024Settembre 3rd, 2024No Comments

Il processo di immissione in commercio di un nuovo farmaco, in Italia, non si esaurisce con l’autorizzazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Dopo l’approvazione a livello nazionale, a livello regionale possono intervenire rallentamenti e inciampi, che allungano i tempi di effettiva disponibilità dei medicinali per i pazienti, impattando sul cosiddetto Time To Market (TTM). Proviamo a capire quali sono le ragioni alla base di questi rallentamenti e quali le possibili soluzioni.


Il percorso dei farmaci dopo l’approvazione AIFA

 

Una volta ottenuta l’autorizzazione all’immissione in commercio e la rimborsabilità da parte di AIFA, il farmaco deve superare ulteriori passaggi a livello regionale prima di essere effettivamente prescrivibile e disponibile sul territorio:

 

  1. Identificazione dei centri prescrittori
  2. Definizione del percorso prescrittivo
  3. Eventuale negoziazione di accordi di condivisione del rischio
  4. Inserimento nel Prontuario Terapeutico Ospedaliero Regionale (PTOR)

Questi step aggiuntivi – che vedremo meglio nei prossimi paragrafi – possono richiedere diversi mesi, ritardando l’accesso dei pazienti alle terapie innovative.


Le preoccupazioni economiche delle Regioni

 

Alla base dei rallentamenti che possono intervenire a livello regionale vi sono spesso timori sulla tenuta economica del sistema.  Preoccupazioni legate non solo e non tanto all’impatto finanziario dei nuovi farmaci, da inserire di volta in volta in Prontuario, ma più in generale a una serie di “spese straordinarie” che le Regioni temono di non riuscire ad affrontare. E in particolare:

 

  1. Il timore del tariffario legato ai cosiddetti “nuovi LEA”
    Le Regioni temono l’impatto economico derivante dall’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e del relativo nomenclatore tariffario. L’ampliamento delle prestazioni garantite dal SSN e la revisione delle tariffe (che entreranno in vigore a gennaio 2025) comporteranno fisiologicamente maggiori costi a carico dei bilanci regionali. Per questo motivo, molte Regioni stanno adottando un atteggiamento prudenziale, limitando l’introduzione di nuovi farmaci.
  1. Il payback dei dispositivi medici
    Un’altra preoccupazione rilevante riguarda il payback sui dispositivi medici, un meccanismo di ripiano dei cosiddetti “sforamenti” della spesa sanitaria programmata per i medical device, che le aziende produttrici dovrebbero pertanto “restituire” alle Regioni. Ma non si sa quando – e se – questo pagamento avverrà. L’incertezza su tempistiche e modalità di questa “restituzione” induce le Regioni a limitare nuove voci di spesa.
  1. Vincoli di bilancio e piani di rientro
    Molte Regioni sono soggette a piani di rientro dal deficit o comunque a stringenti vincoli di bilancio. Questo le porta ad essere particolarmente caute nell’introduzione di nuove terapie ad alto costo, anche se potenzialmente cost-saving nel medio-lungo periodo.

Il Time to Market rallentato

 

Le dinamiche del processo di accesso al mercato regionale dei farmaci in Italia hanno pertanto un impatto significativo sul cosiddetto “time to market”, ovvero il tempo che intercorre tra l’approvazione di un farmaco da parte dell’AIFA e la sua effettiva disponibilità per i pazienti (cioè quando possono comprarlo o ritirarlo). Questo percorso, che dovrebbe essere rapido ed efficiente, spesso si rivela un labirinto burocratico.

In primo luogo, l’inserimento nei Prontuari Terapeutici Ospedalieri Regionali (PTOR) può richiedere mesi, benché riguardi farmaci ovviamente già valutati e approvati a livello nazionale. Non di rado gli assessment, persino di carattere clinico, si ripetono a livello regionale. Questo duplice processo valutativo rallenta notevolmente l’accesso alle terapie. Inoltre, le Regioni tendono ad introdurre criteri di prescrizione restrittivi, limitando l’uso dei nuovi farmaci a specifici sottogruppi di pazienti, spesso limitando le indicazioni approvate da AIFA.

La centralizzazione degli acquisti, pur mirando all’efficienza economica, può allungare i tempi di disponibilità effettiva dei farmaci. Le procedure di gara a livello regionale o di area vasta, infatti, possono essere lunghe e complesse.

Un altro fattore di rallentamento è la frequente richiesta da parte delle Regioni di evidenze aggiuntive sull’efficacia e la costo-efficacia dei farmaci. Questa pratica, che di fatto duplica le valutazioni già effettuate dall’AIFA, appesantisce inevitabilmente il processo.

Infine, non sono rare le situazioni in cui le Regioni avviano negoziazioni locali con le aziende farmaceutiche, cercando di ottenere condizioni di fornitura più vantaggiose rispetto a quelle stabilite a livello nazionale. Anche queste trattative, seppur vantaggiose per le casse regionali, contribuiscono ad allungare i tempi di accesso alle terapie per i pazienti.

In questo scenario, il percorso di un farmaco dal momento dell’approvazione nazionale alla sua effettiva disponibilità sul territorio si può trasformare in una corsa a ostacoli, con ricadute negative sui pazienti che attendono di poter beneficiare delle nuove terapie.


Possibili soluzioni

 

Che cosa possiamo fare per superare queste criticità e cercare di garantire un accesso più rapido ed equo alle terapie innovative su tutto il territorio nazionale? Ecco alcune proposte:

  1. Definire tempistiche certe e vincolanti per il recepimento regionale delle decisioni dell’AIFA.
  2. Armonizzare i criteri di valutazione HTA a livello regionale.
  3. Potenziare il ruolo di coordinamento della Conferenza Stato-Regioni.
  4. Prevedere meccanismi premiali per le Regioni più efficienti nel garantire l’accesso ai farmaci.
  5. Sviluppare modelli di finanziamento innovativi che riducano l’impatto delle nuove tecnologie sui budget regionali.