L’associazione dei produttori di equivalenti plaude alle scelte del Governo, ma ricorda che per garantire la sostenibilità del SSN e del comparto biomedico è indispensabile razionalizzare i meccanismi di spesa e di rientro. A cominciare da due questioni cruciali: il pay-back e il ruolo dei biosimilari
Roma, 16 ottobre 2013 – “E’ doveroso esprimere apprezzamento per il Governo e per il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin per quella che ci auguriamo sia un’inversione di tendenza rispetto alla politica dei tagli lineari. Tuttavia, come in queste ore in molti hanno detto, è il momento di riqualificare i meccanismi di spesa, a cominciare dal settore degli equivalenti” dice Enrique Häusermann, presidente di AssoGenerici. “Mi riferisco innanzitutto alla questione del pay-back in caso di sfondamento del tetto programmato, sia per la spesa ospedaliera sia per quella territoriale. Per quest’ultima, non è accettabile che vengano chiamati al rimborso i produttori di generici, farmaci la cui sola presenza sul mercato consente ogni anno alle Regioni di risparmiare centinaia di milioni di euro: e infatti in nessun paese europeo i generici sono tenuti al pay-back. Anche perché, detto in altri termini, sarebbe come voler far pagare all’industria il fatto che ogni anno aumenta il numero degli ipertesi o dei cardiopatici in trattamento. Nel caso della spesa ospedaliera, poi, è assurdo che lo Stato chieda un rimborso quando il prezzo di cessione del farmaco all’ospedale è definito attraverso il meccanismo della gara, quindi non certo dal produttore, e soprattutto a fronte del fatto che per legge non è possibile interrompere né tantomeno regolamentare le forniture ospedaliere”.
“In tema di controllo della spesa ospedaliera, sarebbe anche opportuno evitare argomentazioni pretestuose a proposito del ricorso ai biosimilari” dice il vicepresidente di AssoGenerici Francesco Colantuoni. “E’ con un certo imbarazzo che abbiamo letto le dichiarazioni di Cittadinanzattiva, che ha stigmatizzato il fatto che in alcune Regioni, sfortunatamente poche, le gare vengono condotte in riferimento al nome della molecola, ponendo sullo stesso piano originatore e biosimilare, oppure indicando che la quota del biosimilare deve essere di almeno il 60% in previsione del numero di pazienti naïve previsti. Invocare la continuità terapeutica in questi casi non ha senso: il paziente naïve non ha ricevuto in precedenza alcun trattamento, quindi è solo buon senso che si preveda di cominciare con il farmaco meno costoso. E’ del tutto fuori luogo, poi, parlare di sicurezza: i dati del sistema di farmacovigilanza dell’AIFA mostrano semmai che i biosimilari presentano un numero di reazioni avverse inferiore rispetto all’originatore. E’ davvero sorprendente che chi meritoriamente si batte per migliorare l’accesso alle cure e la loro qualità non veda come il biosimilare sia la chiave per allargare la platea dei pazienti trattati. La platea dei pazienti trattati, non i profitti di qualcuno”.
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