Dal Progetto O.R.M.E. (Outcomes Research and Medtech Efficiency), frutto della partnership tra Regione Lombardia, il Centro Studi Sanità Pubblica (CESP) dell’Università Bicocca, Medtronic Italia e un gruppo di clinici lombardi, preziosi dati per la programmazione sanitaria
Milano, 8 ottobre 2015 – Le terapie innovative in medicina non solo aumentano i benefici clinici per i cittadini, in particolare allungando le aspettative di vita e prevenendo eventi acuti, ma introducono efficienza e sostenibilità per i sistemi sanitari, diminuendo le ospedalizzazioni, accorciando i tempi di degenza, con una conseguente potenziale riduzione dei costi.
È quanto emerge dai risultati del Progetto O.R.M.E. (Outcomes Research and Medtech Efficiency), presentati oggi a Milano, presso il Palazzo Lombardia. O.R.M.E. è frutto di una partnership tra Regione Lombardia, il Centro Studi Sanità Pubblica (CESP) dell’Università Bicocca, Medtronic Italia e un gruppo di clinici lombardi, per contribuire a mantenere gli alti livelli di efficienza del Servizio Sanitario Lombardo, con particolare attenzione alla sostenibilità dei costi, producendo oltre alle evidenze scientifiche, un’analisi d’impatto economico, la dimostrazione del valore dell’innovazione e la verifica dell’appropriatezza dei trattamenti.
“Si tratta di un progetto innovativo in grado di analizzare l’efficacia e l’impatto che l’innovazione tecnologica assume per il Sistema Sanitario lombardo” – spiega Lorenzo Mantovani, Professore associato presso il Dipartimento di statistica dell’Università di Milano – Bicocca. Cronicità è la parola d’ordine di questo millennio, dell’evoluzione della medicina, dell’epidemiologia e della sostenibilità dei sistemi sanitari. Il Progetto O.R.M.E. utilizza dati pubblici estratti da archivi amministrativi sanitari e li integra con informazioni raccolte da registri clinici o da studi realizzati ad hoc, al fine di valutare l’utilizzo di tecnologie sanitarie per specifiche aree terapeutiche. Inoltre analizza come l’impiego delle stesse possa influire sull’andamento clinico di salute e sui costi di gestione dei pazienti”.
I Sistemi Sanitari richiedono oggi di poter contare su soluzioni che possano andare oltre il valore clinico. È, quindi, importante dimostrare il valore economico dei prodotti offerti alle Aziende Ospedaliere e al Sistema nel suo complesso.
“I dati presentati danno conferma dell’importanza di proseguire con le indagini che parlano di appropriatezza clinica ed economica”. – dichiara il Presidente della III Commissione Sanità’ e Politiche Sociali del Consiglio Regionale della Lombardia, Fabio Rizzi – “Questa esperienza rappresenta un importante traguardo scientifico e procedurale che dovrà proseguire con l’unione delle forze tra Università’, Regione e Industria per garantire la migliore assistenza possibile al cittadino”.
Nella popolazione affetta da diabete mellito l’arteriopatia periferica (PAD) è una complicanza che può portare a gravi conseguenze quali l’amputazione degli arti inferiori. Tra i trattamenti impiegati per questa grave patologia c’è la rivascolarizzazione dell’arto ischemico per via percutanea. Il Progetto O.R.M.E. ha riscontrato che, degli oltre 18.000 pazienti lombardi affetti da PAD, meno della metà (8.077) sono trattati. I risultati evidenziano una tardiva presa in carico dei pazienti che, nel 20% dei casi, subiscono come prima procedura un’amputazione. In particolare l’analisi dei percorsi terapeutici evidenziati mette in luce che i pazienti sottoposti a rivascolarizzazione mostrano il 30% in meno di ospedalizzazioni rispetto a quelli che subiscono amputazioni maggiori e la degenza complessiva ha una durata inferiore del 52%. I pazienti sottoposti a rivascolarizzazione, poi, mostrano curve di sopravvivenza migliori. Infine, osservando il fenomeno da un punto di vista dei costi, per ciascuna amputazione evitata si stima un saving potenziale di circa 10.000 euro, mentre l’onere del non trattamento per la popolazione affetta da arteriopatia periferica è di circa 29.000 euro a paziente.
Passando ad esaminare l’area terapeutica cardiovascolare e, nel caso specifico, il problema della morte cardiaca improvvisa e dello scompenso cardiaco, il Progetto O.R.M.E. ha indagato l’impatto dei nuovi device quali i defibrillatori impiantabili e i resincronizzatori, andando a rispondere al quesito sull’appropriatezza di utilizzo di queste nuove tecnologie. Tra gli oltre 13.800 pazienti che tra il 2000 e il 2010 hanno subito un nuovo impianto di defibrillatore o resincronizzatore cardiaco il numero di ospedalizzazioni annue per cause cardiovascolari decresce fino al 50% (dopo l’impianto) così come il costo annuale delle ospedalizzazioni per eventi cardiovascolari, sempre nella fase post-impianto. Importante evidenziare, poi, che in Regione Lombardia, nel corso degli anni, sono state recepite correttamente le Linee Guida Nazionali ed internazionali, garantendo l’appropriatezza degli impianti.
Sempre all’interno dell’area cardiovascolare, il Progetto O.R.M.E. ha analizzato il problema dei pazienti affetti da Fibrillazione Atriale, una grave aritmia cardiaca, che può portare conseguenze serie quali l’ictus cerebrale. L’obiettivo del progetto è stato quello di investigare l’impatto epidemiologico ed economico del trattamento di questa patologia attraverso la procedura di ablazione transcatetere.
Nei dieci anni di osservazione sono stati analizzati i dati di oltre 143.000 pazienti lombardi che hanno subito almeno un ricovero con diagnosi di Fibrillazione Atriale. Si tratta di pazienti che presentavano diverse comorbilità tra cui ipertensione (61%), insufficienza coronarica (30%) e patologie cerebrovascolari (21%), con una probabilità a 8 anni dalla prima ospedalizzazione con diagnosi di FA pari al 46%. Sempre dai risultati del progetto emerge che il costo medio pro-capite per paziente affetto da Fibrillazione Atriale è pari a oltre 4.000 euro, di cui il 65,2% è rappresentato dalle sole ospedalizzazioni. I soggetti sottoposti ad ablazione rappresentano soltanto il 5% del totale, mostrando una significativa diminuzione sia delle ospedalizzazioni correlate, che degli accessi al Pronto Soccorso.
La quarta area presa in esame dal Progetto O.R.M.E. riguarda quella delle patologie degenerative della colonna vertebrale, con un confronto tra le nuove tecnologie di chirurgia mininvasiva rispetto all’approccio tradizionale “a cielo aperto”, attraverso un’analisi retrospettiva dei dati contenuti nei database della Regione Lombardia relativi ai costi totali di trattamento. Analisi, poi, meglio esplorata nella fase prospettica – ancora in corso – in cui i due approcci terapeutici sono messi a confronto in termini di consumo di risorse ed esiti clinici.
I principali risultati dell’analisi retrospettiva mostrano che il 65% delle procedure di stabilizzazione per il trattamento delle stenosi vertebrali identificate nel periodo di osservazione è eleggibile all’approccio mininvasivo, metodo che comporterebbe una riduzione della degenza con conseguenti risparmi per il sistema; l’anemia post emorragica, poi, che risulta essere la principale complicanza osservata nella popolazione oggetto di studio (1.175 casi) potrebbe essere evitata attraverso l’approccio chirurgico mininvasivo, con un possibile risparmio di 3.816 euro a degenza. Infine, il costo medio per paziente risulta essere di circa 9.500 euro, di cui circa l’86% per ospedalizzazioni (dato da confermare nella successiva analisi prospettica).
“In Sistemi Sanitari complessi, come quelli di oggi, la sfida fondamentale è quella di trovare un equilibrio tra l’offerta di avanzamento tecnologico e la capacità di recepimento da parte dei sistemi” – dice i
l Presidente e Amministratore Delegato di Medtronic Italia, Luciano Frattini – “Progetti come O.R.M.E, frutto di partnership pubblico-privato, mirano a fornire informazioni utili per lavorare a temi di appropriatezza e sostenibilità. Il fine ultimo è quello di garantire ai pazienti una buona innovazione, potenzialmente a rischio di essere inaccessibile a causa di miopi logiche di economicità, dimostrando come tali innovazioni tecnologiche siano in grado di ridurre i costi di gestione delle patologie ad esse connesse. La scelta delle quattro aree terapeutiche à stata effettuata in relazione sia all’elevato impatto epidemiologico, che a quello sul sistema sanitario regionale”.
Il coordinamento scientifico del Progetto O.R.M.E. è stato curato dai Professori Giancarlo Cesana e Lorenzo Mantovani del Centro Studi Sanità Pubblica (CESP) dell’Università Bicocca.
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