Al IX Convegno Nazionale Fondazione AMD, presentato il position statement dell’Associazione Medici Diabetologi su vantaggi e criticità delle nuove tecnologie per la cura del diabete. Molte le potenzialità di questi strumenti, ma attenzione a non mitizzarli. Solo l’intelligenza umana, con il supporto di quella Artificiale, può avvicinarsi alla realizzazione della vera “cura per il paziente”.
Roma, 9 novembre 2018 – Non più semplici fotografie descrittive del presente, ma “predizioni” su chi in futuro si ammalerà di diabete o ne svilupperà le complicanze, grazie all’individuazione di inediti fattori di rischio, e informazioni precise sugli effetti delle terapie, in modo da sapere in anticipo qual è il farmaco che funzionerà meglio a seconda del singolo paziente, coniugando efficacia e risparmio. Queste le grandi opportunità che Big Data e Intelligenza Artificiale offrono nell’ambito della cura del diabete, delineate dall’Associazione Medici Diabetologi in un position statement presentato al IX Convegno Nazionale Fondazione AMD.
“La medicina, e con essa la gestione della patologia diabetica, stanno subendo profonde trasformazioni legate a diversi fattori: digitalizzazione, telemedicina, necessità di personalizzare il più possibile le cure, Intelligenza Artificiale e nuovi strumenti informatici di gestione e analisi dei Big Data, pervasività della rete e dei social media in ogni aspetto della vita delle persone”, spiega Domenico Mannino, Presidente AMD. “Insomma, il ‘diabete digitale’ è ormai una realtà. Abbiamo quindi redatto un documento che mettesse a fuoco vantaggi e criticità, pro e contro, dell’utilizzo delle nuove tecnologie in diabetologia”.
Tra i principali vantaggi offerti da questi strumenti, in particolare dalla telemedicina, vi sono la possibilità di abbattere le distanze geografiche rendendo le cure più accessibili, la riduzione nel tempo di analisi dei dati, la possibilità di produrre grafici e immagini di facile interpretazione, anche con panoramica degli andamenti nel tempo, la migliore condivisione delle informazioni tra il diabetologo e il suo assistito, ma anche con familiari e caregiver, il maggior coinvolgimento dei pazienti e il forte potenziale di riduzione dei costi di gestione della patologia. Le criticità riguardano, invece, il fatto che esistono software differenti a seconda del device, il numero ancora limitato di pazienti che attualmente accedono a tali tecnologie, il tempo necessario per apprenderne l’utilizzo e il rischio di un effetto “inondazione” di dati sia sui medici sia sui pazienti.
“Le opportunità più interessanti sono quelle prospettate dall’applicazione in diabetologia dell’Intelligenza Artificiale e in particolare del Machine Learning che, oltre ad effettuare analisi di tipo descrittivo (reportistica del passato), consente di identificare delle correlazioni ed esprimere delle ‘predizioni’, con ragionamenti di tipo induttivo, tipici della mente umana”, evidenzia Nicoletta Musacchio, Presidente di Fondazione AMD, tra gli autori del documento. “In campo diabetologico questi strumenti di analisi potrebbero individuare nuovi fattori di rischio sia nell’insorgenza del diabete, analizzando database di grandi dimensioni relativi alla popolazione generale, sia nell’insorgenza delle complicanze, analizzando database clinici e amministrativi di pazienti diabetici e individuando i fattori e le variabili comportamentali e terapeutiche più correlate allo sviluppo di ogni specifica complicanza. Il Machine Learning potrebbe, inoltre, indirizzare le scelte di cura: individuare gli elementi correlati alla maggior efficacia di un farmaco aprirebbe le porte a una medicina veramente personalizzata, che utilizza il farmaco giusto per la persona giusta, con esiti migliori e costi contenuti”.
“Uno degli aspetti più innovativi di questi strumenti di analisi – prosegue Musacchio – è la loro capacità di raccogliere ed elaborare informazioni provenienti da grandi database di fonti diverse, non analizzabili con la statistica tradizionale. Sono molteplici gli esempi di collaborazione tra aziende del farmaco e della tecnologia, università e istituti scientifici, soprattutto anglosassoni, che utilizzano i Big Data per fare ricerca nel campo delle malattie metaboliche con l’obiettivo di migliorare il trattamento del diabete di tipo 2, comprendendone meglio i meccanismi fisiopatologici, attraverso l’integrazione di dati provenienti da fonti diverse, fattori biologici, demografici, clinici, ambientali e dati di genomica”.
L’analisi condotta dagli esperti AMD, oltre a indicare le potenzialità delle nuove tecnologie, mette in guardia da una loro eccessiva mitizzazione. “L’Intelligenza Artificiale non è un dispositivo magico che può trasformare i dati in oro. Esso è una naturale estensione degli approcci statistici tradizionali, strumento prezioso e sempre più necessario per i sistemi sanitaro moderni. Data la grande quantità di informazioni che un medico oggi deve valutare (storia personale del paziente, malattie familiari, sequenze genomiche, farmaci, attività sui social media, ricoveri in altri ospedali), la decisione clinica può diventare un compito eccessivo per qualsiasi persona. La complessità della medicina sta superando le capacità della mente umana. Nel momento in cui un maggiore controllo delle scelte viene ceduto agli algoritmi, è importante notare che questi strumenti non sono dotati di alcuna garanzia di correttezza, equità o persino veridicità. Anche con i migliori algoritmi di apprendimento, il giudizio sull’efficacia rimane indispensabile. Questo è particolarmente vero in ambito sanitario, dove l’Intelligenza Artificiale può influenzare la vita di milioni di persone. I medici, in modo proattivo, devono guidare, sorvegliare e monitorare l’adozione dell’IA come partner nelle decisioni cliniche. Solo l’intelligenza umana, con il supporto di quella Artificiale, può avvicinarsi alla realizzazione della vera ‘cura per il paziente’”, conclude Nicoletta Musacchio.
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