Come ricorda anche la recentissima segnalazione dell’Antitrust, il fatto di non poter considerare i biosimilari alla stregua dei generici non può oscurare l’equivalenza terapeutica con i biotech originali. Eppure nelle gare di ASL ed enti ospedalieri si continua a operare come se al farmaco branded non esistessero alternative
Roma, 4 giugno 2013 – “Mi sembra che la migliore risposta alle diverse interpretazioni della natura dei biosimilari la fornisca l’ultima segnalazione dell’AGCM. In Italia la questione non è la possibile sostituzione automatica del farmaco biotech originale con il biosimilare, da sempre esclusa in linea di principio, ma di permettere a quest’ultimo di confrontarsi, in terapia e sul mercato, con l’originatore. E’ in base a questa considerazione di fondo che va letto il recente Position Paper dell’AIFA che, peraltro, mi pare abbastanza chiaro nel suo intento di includere il biosimilare tra le opzioni terapeutiche con pari dignità e non di relegarlo in una nicchia circoscritta. Il fatto che i biosimilari non siano considerati automaticamente sostituibili non significa che non esista una equivalenza terapeutica stabilita a livello europeo dall’EMA e riconosciuta dall’AIFA. Questi farmaci sono sicuri, efficaci e hanno le stesse indicazioni di quelli originali e lo stesso meccanismo d’azione: se questa non è equivalenza terapeutica, che cos’è?” Queste le considerazioni di Francesco Colantuoni, vicepresidente di AssoGenerici, a commento dell’ultimo atto dell’Antitrust, che denuncia un meccanismo delle gare per l’acquisizione di farmaci biotecnologici penalizzante, in quanto prevede semplicemente l’abbassamento del prezzo da parte del produttore dell’originale, senza confronto con le altre offerte presenti sul mercato. Infatti, la segnalazione dell’AGCM definisce illegittima proprio “l’esclusione di un principio di equivalenza terapeutica tra le due tipologie di farmaci” e sancisce “la piena riconducibilità delle stesse a un unico mercato rilevante del prodotto”. E’ chiaro, prosegue la segnalazione, che per i pazienti già in trattamento è necessario mantenere la fornitura del farmaco già adottato, ma “l’eventuale previsione di esclusive di acquisto di farmaci biologici originatori debba sempre risultare parametrata a criteri oggettivi (es. percentuale di pazienti già in trattamento vs. pazienti c.d. drug naïve) e per quanto possibile sempre assoggettabile a successive revisioni, in vista dello sviluppo di un più ampio confronto concorrenziale con i farmaci biosimilari”. Per il vicepresidente di AssoGenerici, dunque, “è fuorviante spostare la discussione su un elemento, la sostituzione automatica, che nessuno ha mai rivendicato per il biosimilare, facendo passare in secondo piano il fatto che ancora oggi non si riconosce al biosimilare – ma anche al generico – il ruolo che realmente gli compete”.
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