Milano, 1 marzo 2018 – Entro il 2020 scadranno 12 brevetti di farmaci biotecnologici in importanti aree terapeutiche. Il conseguente ingresso dei loro biosimilari avrà un significativo impatto clinico ed economico sulle politiche sanitarie. Un’indagine condotta recentemente sull’impiego di 8 importanti medicinali biologici a brevetto scaduto evidenzia, nel periodo 2014-2020, la possibilità di un contenimento della spesa tra i 500 e i 755 milioni di euro (Mennini, Cicchetti et al., 2017) ma i risparmi potranno essere anche superiori, considerando che altri prodotti biotech, ad esempio in ambito anticoagulante, hanno perso o stanno perdendo la copertura brevettuale. Consapevole delle opportunità che ne potrebbero derivare, in termini di ottimizzazione delle risorse e sostenibilità del sistema sanitario, la Regione Lombardia ha richiesto per il 2018 un incremento nella prescrizione dei biosimilari, prevedendo un apposito monitoraggio (Delibera 20/12/2017).
Se ne è parlato a Milano in un convegno scientifico organizzato, per la prima volta in Italia, con il contributo non condizionante di una Big Pharma cinese, Techdow, da poco sbarcata nel nostro Paese e leader mondiale nella produzione di eparine.
A oltre 10 anni dall’approvazione dei primi farmaci biosimilari da parte della European Medicines Agency (EMA), oggi queste nuove opzioni terapeutiche sono entrate a far parte della pratica clinica quotidiana. In Italia, il loro consumo sta progressivamente aumentando, non solo per l’efficacia e la sicurezza che hanno finora dimostrato – sovrapponibili a quelle dei farmaci originatori – ma anche per il loro valore farmacoeconomico. Come sottolineato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nel suo Position Paper, i biosimilari hanno un ruolo fondamentale nel contribuire alla sostenibilità dei Servizi Sanitari del prossimo futuro, consentendo di liberare risorse da reinvestire in innovazione e per ampliare l’accesso alle cure.
“I farmaci biotech a brevetto scaduto rappresentano sicuramente un’interessante opportunità e ora sono finalmente disponibili anche in cardiologia”, ha dichiarato il professor Stefano Carugo, Direttore Cardiologia Ospedale San Paolo Milano, Università degli Studi di Milano. “Rispetto ai medicinali equivalenti, si tratta di prodotti sottoposti a controlli ancora più stringenti e a iter approvativi molto rigorosi da parte di EMA: timori e scetticismi sul loro utilizzo sono dunque infondati. In un momento storico caratterizzato dalla necessità di razionalizzare la spesa sanitaria e, al tempo stesso, assicurare ai pazienti le cure migliori, tutto quello che può consentire a noi clinici di impiegare terapie efficaci, di pari qualità e, al tempo stesso, a un costo inferiore è senz’altro il benvenuto. Basti pensare che solo in Lombardia, nel 2016, si sono registrati 7.312 casi di infarto miocardico NSTEMI: se quell’anno fosse stato già disponibile il biosimilare dell’anticoagulante che viene di norma impiegato in questi pazienti, il risparmio poteva essere considerevole. Non dimentichiamo che le patologie cardiovascolari sono la principale causa di disabilità e di decesso: parliamo di grandi numeri e, dunque, di grandi possibilità di efficientamento”.
E, come è emerso durante il convegno, la Regione Lombardia è molto attenta all’ottimizzazione delle risorse, al fine di garantire la sostenibilità dell’assistenza farmaceutica pubblica. Lo conferma la recente Delibera delle regole di gestione del Servizio Socio-Sanitario 2018, emanata a dicembre, che richiede esplicitamente per l’anno in corso un incremento nella prescrizione e nell’erogazione di farmaci biosimilari, prevedendo uno specifico monitoraggio sul loro utilizzo, per incentivarne l’impiego.
Ma a quanto potrebbe ammontare in Italia il risparmio reso possibile dai prodotti biotecnologici non più coperti da brevetto?
“La prima generazione di farmaci biologici sta raggiungendo, o ha già raggiunto, la scadenza brevettuale e molti biosimilari si stanno affacciando sul mercato italiano”, ha spiegato il professor Francesco Saverio Mennini, Direttore Centro per la Valutazione Economica e HTA (EEHTA del CEIS), Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. “Una recente analisi (Mennini, Cicchetti et al., 2017) ha cercato di quantificare l’impatto economico che 8 importanti biosimilari, impiegati per la cura dei tumori, del diabete e delle malattie infiammatorie croniche immuno-mediate, avranno sulla spesa sanitaria nazionale tra il 2014 e il 2020. Al termine del 2020, complessivamente, si è stimato che i risparmi cumulati saranno tra i 500 e i 755 milioni di euro. Risparmi che potrebbero essere ancor più consistenti, considerando anche i nuovi biosimilari che stanno entrando o arriveranno a breve sul mercato, come quelli in ambito anticoagulante. Queste consistenti riduzioni di spesa potranno essere un ottimo bacino di risorse per investimenti futuri all’interno del sistema che le ha generate”.
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