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52° Congresso Nazionale SIR – Prescrizione esami diagnostici: nelle mani del reumatologo non è un costo ma un investimento

Rimini, 26 novembre 2015 – Negli ultimi anni la ricerca e lo sviluppo di farmaci e tecnologie innovative sono diventati elementi di fondamentale importanza per i Sistemi Sanitari. Nuove terapie e indagini diagnostiche hanno portato benefici rilevanti per i pazienti, consentendo un miglioramento anche in termini di efficacia, efficienza e qualità del trattamento.

Tuttavia, alla luce degli attuali orientamenti di spending review, uno dei temi ricorrenti in ambito sanitario è quello della riduzione delle prestazioni che possono essere erogate al paziente a carico del Sistema Sanitario Nazionale: esami diagnostici, alcune terapie farmacologiche, prestazioni specialistiche riabilitative o ricoveri per accertamenti. Tuttavia non è “sulla carta” o con una preparazione non specifica che si può determinare cosa sia superfluo o inappropriato.

Caso emblematico è quello della reumatologia, dove un percorso diagnostico corretto può essere impostato solamente attraverso una competenza specialistica, sia per la diagnosi primaria di una malattia reumatica, che per differenziare ulteriormente il quadro clinico.

A questo proposito, durante il 52° Congresso della Società Italiana di Reumatologia, in corso a Rimini fino al 28 novembre, è emerso il tema della centralità della figura del reumatologo nell’identificazione dei pazienti a rischio e nella decisione della prescrizione di alcuni accertamenti che possono essere essenziali per la diagnosi precoce, per la prognosi e, di conseguenza, per evitare eventuali disabilità e problematiche legate a queste patologie, se trattate tardivamente e in modo non adeguato. 

“Indurre un risparmio di spesa, riducendo prescrizioni inappropriate, inutili o costose, quando possono essere sostituite da esami più semplici è, di per sé, un fatto meritorio – dichiara il Professor Ignazio Olivieri, Presidente della Società Italiana di Reumatologia – C’è, tuttavia, un problema di appropriatezza, che deve tenere conto non solo delle patologie più comuni e diffuse, ma anche di alcune malattie reumatiche, quali l’artrite reumatoide o le spondiloartriti sieronegative, fortemente invalidanti, in cui per chi non è esperto non è sempre chiaro ed evidente quali siano gli esami opportuni o meno”.

Nell’artrite reumatoide, ad esempio, esistono autoanticorpi specifici, molto utili per la diagnosi e per la definizione di una prognosi dei pazienti – afferma il Professor Roberto Caporali, professore associato di reumatologia all’Università di Pavia e responsabile dell’Early Arthritis Clinic della Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia – Si tratta, nello specifico, degli anticorpi antipeptidi citrullinati che, sebbene abbiano un alto costo di realizzazione, nelle mani di uno specialista reumatologo hanno un significato molto importante.”

Un’altra situazione frequente, poi, riguarda la necessità per il reumatologo di prescrivere periodicamente esami utili per il monitoraggio di eventuali tossicità di alcune terapie come quelle immunosoppressive, utilizzate per il trattamento dell’artrite reumatoide, delle connettiviti, ecc., senza i quali non si riuscirebbe a intervenire tempestivamente sulla eventuale comparsa di effetti collaterali, la cui gestione genererebbe un ulteriore aggravio della spesa.  

“Un discorso simile può essere fatto per l’uso dell’ecografia nell’artrite reumatoide. – continua Caporali – Un’ecografia alle articolazioni, eseguita correttamente può permettere di evidenziare un’attività infiammatoria che spesso non riusciremmo a identificare clinicamente. Ancora una volta, però, l’indicazione clinica deve venire dal reumatologo. In questo caso la spesa diventa un investimento che ci permette di risparmiare nel futuro, a patto che venga applicato correttamente e nei casi giusti”.

“Questi esempi dimostrano come gli esami di laboratorio o strumentali debbano essere richiesti e interpretati in ambito specialistico – conclude Caporali – Per questo motivo anche a livello ‘centrale’, quando si decide se un accertamento sia appropriato o meno, oltre al fattore costo, devono essere considerati diversi altri elementi: quello diagnostico, prognostico e di monitoraggio, utile al paziente per assicurare la sicurezza del trattamento e al medico per controllare possibili eventi avversi causati dalla terapia farmacologica”.

Quando si affronta il tema delle riduzioni delle prescrizioni diagnostiche, spesso, si fa riferimento a un ipotetico abuso del ricorso alla risonanza magnetica. “Non possiamo escludere in assoluto che in alcuni casi si sia fatto un uso inappropriato di questo esame – dichiara Olivieri – ma, di fatto, nelle malattie reumatiche che interessano la colonna lombare, come ad esempio le spondiloartriti sieronegative, la risonanza del bacino, della colonna e delle articolazioni sacro-iliache è l’unico esame che ci permette una diagnosi precoce e con questa, un trattamento tempestivo, con minori costi a medio-lungo termine per la gestione dell’invalidità che queste malattie possono causare se non curate opportunamente. Se richiesta sulla base di un sospetto clinico, chiaramente evidenziato – continua Olivieri – la risonanza magnetica è un esame essenziale, perché ci permette una diagnosi precoce. La cosa importante e lasciare al reumatologo la decisione se e quando farla”.