Roma, 18 dicembre 2015 – “Abbiamo sempre sostenuto che l’ingresso dei biosimilari sul mercato, ma soprattutto nella pratica clinica, era in grado di determinare importanti miglioramenti nell’assistenza farmaceutica resa ai cittadini europei e dunque italiani” dice Stefano Collatina, coordinatore dell’Italian Biosimilar Group. “Il rapporto che IMS ha elaborato per conto della Commissione europea fornisce ora una conferma scientifica del ruolo svolto da questi nuovi farmaci”. Infatti, le analisi svolte da IMS evidenziano che l’inserimento dei biosimilari nei protocolli di trattamento ha determinato in primo luogo un allargamento del numero dei pazienti che possono essere avviati a trattamenti allo stato dell’arte e soprattutto nei paesi in cui l’accesso alle terapie biotecnologiche era più limitato. Il rapporto osserva anche una riduzione del prezzo dei farmaci biotecnologici, anche se ovviamente in misura minore rispetto a quanto avviene con i farmaci equivalenti. “E’ un dato atteso, dal momento che realizzare un biosimilare comporta il ricorso a tecnologie estremamente sofisticate” spiega Collatina “e un costo della sperimentazione sovrapponibile a quello dei nuovi medicinali coperti da brevetto. C’è anche un altro aspetto che va sottolineato, e cioè che il settore dei biosimilari si sta espandendo ma non a detrimento della comparsa di nuovi farmaci biotecnologici”.
Per il coordinatore dell’IBG c’è stata però anche la conferma di una grande disparità nel ricorso ai biosimilari tra i diversi paesi dell’UE e tra un’area terapeutica e l’altra. “Sfortunatamente l’Italia non è ancora nel gruppo di testa e questo deve suonare come un campanello d’allarme. Ora più che mai siamo alle prese non solo con la sostenibilità della spesa sanitaria, ma con difficoltà nel garantire l’accesso alle cure più aggiornate” conclude Collatina “promuovere il ruolo dei biosimilari significa operare concretamente per risolvere questi problemi e anche per aiutare l’economia del nostro paese”.
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